Quando arrivano al bagnasciuga non c’è nemmeno una medusa. Carlo dice Te l’avevo detto. Ripensa a tutto il viaggio in auto ammorbato, non c’è un’altra parola, ammorbato dai lamenti di lei che disegnava mostri sul finestrino zozzo. Pure papà s’era rotto, e allo svincolo per Passoscuro aveva girato tutta la testa in mezzo ai sedili e aveva urlato Emmobba’ appapà, emmobba’.
Sofia infila la punta del piede sotto la sabbia e la alza di scatto, calciando una zolla umida in direzione del mare. Che c’hai?, chiede Carlo. Sofia spalanca le braccia e gira su se stessa. Poppantegigànte, pensa Carlo, Robbottàccia coi circuiti flippati.
A voce alta dice Nemmeno una ce ne sta. Nemmeno una, lo vedi, cretina. Poi, sottovoce: Ri-tar-daaa-ta.
Sofia resta zitta e entra in acqua.

Sotto l’ombrellone fa più fresco. Carlo chiede alla madre se può andare a pigliargli un po’ di pizza. Vedi che dovevi fare colazione dice la madre; si mette a sedere e infila i piedi nella buca accanto alla sdraio. Carlo la interra fino alle caviglie. Presa!, ride, e intanto con le mani fa la collina. Dice È una trappola. Per fare la collina mette i palmi come gli ha insegnato il padre. A conchetta. I polpacci della madre scompaiono dentro la sabbia.
Pari cionca, dice Carlo. E mo’ da cionca come te la compro la pizzetta, dice la madre spostandogli i capelli dalla fronte. Carlo non risponde. La madre non ha capito che la pizza era un pezzo di trappola. Non capisce mai. Poi chiede Do’ sta tua sorella?. Carlo non alza nemmeno la testa, Starà con papà.

La madre si solleva di scatto e fa volare la sabbia da tutte le parti. Inciampa nella buca, cade e batte forte le ginocchia. Carlo la fissa con gli occhi spalancati. La madre ha il mento contratto, non la bocca, il mento proprio. Guarda verso le dune, il parcheggio, il bar.
Cazzo dici, papà è andato pe’ scogli. La madre dice cazzo solo quando serve: il resto del tempo dice sempre che bisogna parlare appòstolo. Anche Carlo si tira su. Indica la riva, dice Siamo riscesi a mare insieme mi pare. Mi pare eh.
La madre gli dà uno schiaffo sul braccio. Adesso il braccio di Carlo indica gli altri ombrelloni, i teli di spugna, le famiglie coi panini argentati.

Sul bagnasciuga Sofia non c’è. Il bagnino che resta con Carlo ha la pancia rossa e le infradito rosse; l’altro bagnino accompagna la madre e urlano insieme. Sulla spiaggia lo sanno tutti. Ciccione va con Carlo al gabbiotto dei bagnini e fa l’annuncio agli altoparlanti, dice Si è persa Sofia, ha il due pezzi rosso a pois bianchi. Dice Sofia è alta quasi un metro e sessanta, Sofia non parla, aiutateci a trovare Sofia.
Non offre a Carlo di parlare al microfono e Carlo non glielo chiede. Il bagnino che accompagnava la madre a un certo punto torna, si avvicina a Ciccione e se ne vanno insieme.

Carlo guarda il gabbiotto dei bagnini da dentro. È la prima volta che può farlo. Se ne stanno qui tutto il giorno, Ciccione e quell’altro. Non salvano mai nessuno. L’unica cosa che fanno è mettere la bandiera rossa quando è vietato fare il bagno perché ci stanno le onde forti o le meduse o l’acqua è zozza. E gli annunci, ogni tanto. Tipo oggi. Carlo si avvicina al banco dove sta il microfono. Posso pure fa’ un annuncio io, pensa, urlo Accannàte le ricerche, lasciate sta’ quell’andicappóna.
Carlo tocca i bordi del banco e ricalca con le dita le righe nere del microfono. Ci resta appiccicato. Strofina i polpastrelli tra di loro, li passa sull’asciugamano rosso e bianco con la scritta SALVATAGGIO. Ha la sabbia sotto le unghie e la crosta di sale ancora sui piedi, dice Schifo a voce bassissima. Si allontana dal banco e va verso le docce. Il bagnino Ciccione torna indietro e dice Addo’ vai, e porta Carlo dalla signora del bar.

I tavolini della veranda sono piccoli e tondi, tutti uguali. Di solito sono vuoti. La signora del bar sta parlando col figlio dietro il bancone. Carlo li guarda. A Carlo sembra che lei voglia fare una cosa e lui no. La signora fa il giro in mezzo alla gente, si voltano tutti, e arriva da Carlo. Appoggia una coca su un tavolino e dice Bevi ni’, mettitasséde, ce manca solo che te senti male.
La coca mi fa vomitare, voglio la fanta, ce l’avete la fanta?, vorrebbe dire Carlo e invece sta zitto.
La gente lo fissa. Carlo si siede. Sfila il cappuccio di carta dalla cannuccia e dà il primo sorso. È l’ultimo. La coca è calda, le bollicine gli scottano il palato. Carlo fa una smorfia. Quando si accorge che le persone lo stanno ancora guardando si gira verso la ringhiera che divide il bar dalle giostre.

Dall’altra parte della ringhiera c’è un bambino accucciato per terra, beatallùi; stuzzica un secchiello con un bastoncino e la faccia serissima. Carlo non può raggiungerlo. Dovrebbe fare il giro e passare in mezzo alla gente, quando mai. Lascia il tavolino e si avvicina alla ringhiera.
Che hai preso bimbo, fai vedere a Carlo che hai preso vorrebbe dirgli. Vorrebbe usare il tono che ha la gente quando parla coi piccolissimi o con Sofia. Invece chiede per la seconda volta in poche ore Che c’hai?
Il bambino inclina l’apertura del secchiello verso Carlo. Dentro c’è una cosa che sembra una busta del supermercato un po’ rosa e un po’ viola. È immobile.
Allora ci stanno le meduse, pensa Carlo.

Testo Domitilla Pirro
Illustrazione Nora

 

nora

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