Dormiva. Dormiva a pancia in su, naturalmente. Non poteva dormire in nessun’altra maniera, vista la bomba che gli usciva dal petto.
Anche nel sonno profondo, era consapevole del leggero ronzio della bomba.
La bomba era una scatola di metallo, quadrata, ricoperta di scanalature. Nella parte frontale c’era uno schermo, nero. Non era legata al petto, gli usciva proprio da dentro il corpo. Nel punto in cui emergeva, la pelle era leggermente rialzata.
Poi dalla sveglia partì un grido.
Finished with my woman ‘cause she couldn’t help me with my mind.
Mauro aprì gli occhi di scatto. La sua era una di quelle sveglie da comodino che quando si accendono fanno partire una stazione radio, ma stamattina non aveva avuto fortuna.
People think I’m insane because I am frowning all the time, strillò la radio. Un’acida chitarra elettrica riempì la stanza. Il ronzio della bomba divenne più forte e partì un bip bip bip.
Lo schermo nero cominciò a pulsare di una luce rossa. Mauro colpì la sveglia con forza, ma mancò il pulsante. Il bip bip crebbe di volume e frequenza. Con il respiro corto Mauro colpì di nuovo la sveglia con il palmo della mano.
All day long I think of things
Stavolta centrò il pulsante.
but nothing seems to sat…
Silenzio.
Mauro mise una mano sulla scatola metallica che gli usciva dal petto.
“Sssh – fece – Ssh.”
Il bip bip rallentò. La luce rossa cominciò a scemare. La bomba alla fine si quietò.
Doveva stare calmo. Calmo. Dove potevano essere. Dove…
BIP BIP BIP BIP
Calma. Ecco sono arrivato. Ed ecco il pullman!
“Aspetti! Mi scusi, aspetti!”
Il pullman si fermò. La porta si aprì. Il conducente lo guardò.
“Ancora lei?”, disse il conducente.
Lo disse a voce alta, per superare il bip della bomba.
“Sì – disse Mauro, arrampicandosi sulle scalette – mi scusi”.
Si fermò un attimo davanti alla portiera, aggrappato a una maniglia.
La peruviana si alzò. Mauro riuscì a sedersi. La bomba bippava, come un gatto che cede al sonno nonostante il malumore.
Mauro, rannicchiato sulla sedia, si stringeva la bomba al petto, come a volerla cullare. Ssh, le ripeteva. Ssh. Va tutto bene. Hai fatto tutto, no? Non ti sei dimenticato niente giusto? Giusto? Ma la bomba non lo ascoltava, lampeggiava e bippava come un neonato isterico. Non ne era sicuro, che fosse tutto sotto controllo, e la bomba lo sapeva. Era stato un mese terribile, in cui il suo capo l’aveva chiamato un attimo un giorno sì e un giorno no. Non era sicuro, di farcela. Irresponsabile. Inaffidabile. Incapace di…
Appoggiò la mano sulla cornetta.
“Mauro, ti dispiace?”
Mauro si tolse la giacca e la legò intorno alla bomba, per attutire il rumore. Il capo gli fece ok con il pollice.
“No – piagnucolò Mauro – La prego no. Sta per esplodere”.
Un telefono squillò, la receptionist alzò la cornetta, ma non fece in tempo a rispondere. Bum.
Immagini: Giulia Baratella