La prima che ho scelto mi guarda con grandi occhi scuri, sembra quasi curiosa, deve essere molto giovane. Non voglio spaventarla, non voglio che abbia una cattiva impressione, una cattiva sensazione. So cosa altro fa nella vita, temo, posso immaginare, in fondo sono qui per questo, ma non voglio averne la sicurezza. Non mi va neanche di utilizzare le poche parole che conosco della sua lingua, mi sentirei un deficiente, forse è orgoglio, e poi lei sembra conoscere qualche parola di inglese. Non le migliori, forse. Ignoro le sue domande, cerco di non arrossire, di non giudicare tutti quelli, europei bianchi ricchi e grassi che sono venuti prima di me. In fondo non sono tanto diverso. In fondo non ha senso fare paragoni. Vorrei si levasse i pochi stracci che ha, ma non riesco a chiederglielo, non voglio accelerare, c’è tutto il tempo.
Inizio a fotografarle il viso, è stranamente pulita e curata, i capelli raccolti con un nastro colorato. Allungo una mano per scioglierli, dando il via, involontariamente, a un cerimoniale che non voglio sapere come abbia imparato. È bellissima, scrupoli e coerenze interne vacillano facilmente.
Immagine: Massimo Cotugno