LETTURATORE presenta

Il mio vantaggio sulla specie umana, che è poi un vantaggio antico, naturale, è nell’aspetto, nell’altezza, nell’inespressività: gli italiani vivono di smorfie e se gli togli il gesticolio si mettono sulla difensiva. La selezione naturale ha voluto che il mio viso comunicasse poco, e che le mie mani sapessero stare a bada, a pugno, pronte a colpire. Uno dei miei passatempi preferiti è la Stazione, dove più che altrove la spensieratezza si trasforma in paura, quando un passante si accorge che lo sto fissando.

 

Per vivere, in parte, giro di notte, per strada, quando e dove la gente ha più paura, o è di fretta, o in ombra, o ubriaca. In particolare nelle piazze, durante un concerto, quando i perditempo sono già al terzo giro e i loro riflessi sono più lenti, e il loro sguardo più vacuo, e la loro anima ormai immolata al consumismo e corrotta dalla mondanità – è in quel momento che faccio la spesa: portafogli, cellulari, borse, computer, giacche. Non si accorgono nemmeno di me, o forse non hanno il coraggio di dire qualcosa.

 

Non lo faccio per soldi. I soldi non mi interessano, non voglio possederne, mi fanno schifo. Ma dei soldi ho bisogno per mia figlia, per la sua salute e per la sua felicità, che è l’unica cosa che mi sta a cuore. Al contempo, se non ci fosse lei, non credo che farei una vita diversa. L’anima, probabilmente, sono stato il primo a perderla. Avrei dovuto portare mia figlia in campagna e non ne ho avuto il coraggio. L’ho costretta al cemento e al cemento ho costretto me stesso. L’anima, probabilmente, l’ho persa prima di chi nel cemento vive bene. Perché se mi guardo in una vetrina io non vedo più niente.

Ma per vivere i furti non bastano. Servono i sassi. Li raccolgo durante il giorno, del peso giusto, acuminati, e ci riempio lo zaino. Poi, dopo aver trascorso la notte nel cemento, quando l’alba è conclusa e la strada gremita di studenti, da una parte, e di forze dell’ordine, dall’altra, e quando il tutto si potrebbe svolgere pacificamente, è allora che divento l’emissario di chi il cemento lo governa, ed è allora che scaglio i miei sassi e assisto alla miseria delle rivolte impossibili.

Testo: Matteo Moscarda
Fotografie: Stefania Magli

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