I consigli dello Zio L’Ontano presenta
Tre modi in cui non vorresti essere ricordato


Il funerale

Potrei ricordare Giorgio citando un passo di una delle sue splendide poesie, oppure eseguendo al pianoforte una delle canzoni che suonava con la sua band.
Potrei dire che è stato un modello per tutti noi, un amico caro e sincero, sempre pronto a dare una mano e disponibile a offrire un gesto di conforto al prossimo. Potrei menzionare la sua instancabile attività di volontario alla Croce Rossa di San Camillo e alla mensa dei poveri.
Ma c’è una cosa per cui Giorgio non potrà essere dimenticato, né oggi né mai.
Mi riferisco ovviamente alla sua capacità di far scrocchiare le dita delle mani. Non ho mai conosciuto persona tanto abile. Quelle non erano semplici dita che scrocchiavano: era un’impareggiabile sinfonia di ossa rotte.
Raccoglieva il pugno dentro l’altra mano. Così. E poi… strac, una dopo l’altra, in un suono secco, ben congeniato, compatto ma distinto. Un rumore diverso per ogni dito, il mignolo più acuto, pollice e medio più gravi, l’anulare leggermente scordato…
Giorgio, se riesci a sentirmi da lassù, falle scrocchiare anche per gli angeli!


Il compagno delle medie

“Indovina chi ho incontrato l’altro giorno?”
“Chi?”
“Pasquale.”
“Chi?”
“Pasquale.”
“Pasquale chi?”
“Eddai Pasquale! Quello delle medie!”
“Ma chi, il bidello che vendeva il fumo ai ragazzini?”
“Nooo! Pasquale, il nostro compagno di classe, quello deforme.”
“Quello con tre palle?”
“Uff, no no, quello era Mirko. Pasquale era quello con la gobba e la gamba più corta dell’altra.”
“Il fratello di quello che è diventato tossico?”
“No, mi pare fosse figlio unico.”
“Ah si, forse ho capito. Era quello tonto a cui incollavamo i pantaloni alla sedia.”
“Ma no, aveva i voti migliori della classe. Tu parli di Tommaso.”
“Ah ecco.”
“Pasquale era quello che si mangiava le caccole.”
“Beh, ce ne erano così tanti…”
“Brutto, grasso, brufoloso…”
“Mmm…sì, forse mi dice qualcosa. Lo prendevamo in giro perché gli era morta la madre?”
“Padre!”
“Esatto, il padre. E aveva quel tic…”
“Sì, quello che sembrava ti facesse sempre l’occhiolino!”
“Una volta gli ho attaccato una gomma da masticare sui capelli.”
“Hahah, lo avevo dimenticato.”
“E insomma?”
“Cosa?”
“Insomma come sta Pasquale?”
“Non saprei, ho fatto finta di non vederlo.”

Non dire fanta-testimonianza

 “Ecco, Popolo Eletto, il Signore mi ha convocato sul monte Sinai per consegnarmi la sua Parola. Queste dieci tavole saranno le fondamenta incorruttibili sopra le quali cammineranno i figli dei figli dei nostri figli, nei secoli dei secoli.”
“Amen. Però questa è la tua calligrafia.”
“Scusa?”
“Questa è la tua calligrafia, si vede benissimo. Prendi la I. Osserva la stanghetta di sopra. È orizzontale. Solo tu la fai orizzontale. E questa scrittura da gallinaccio…”
“Beh?”
“Quindi tecnicamente queste non sono tavole scritte dal Signore, sono tavole scritte da Mosè, che circa mezz’ora fa si è inerpicato sul Sinai con la scusa di fare un bisogno e adesso se ne torna con dieci pezzi di pietra che dovrebbero guidare la nostra progènie per il resto dei nostri giorni. Come la mettiamo?”
“Ehm… sì… cioè no… sì! Ah sì! Ecco! Ora ricordo. È che… Dio… non aveva la penna. E allora mi sono offerto di scrivere io.”
“Ah, ora tutto mi è chiaro! Fammi dare un’occhiata. Il mio preferito è non dire falsa testimonianza.”
“Anche il mio.”

***

“Allora, un angelo mi ha detto dove trovare questo antico libro inciso su tavole d’oro che rivela l’esistenza di alcune civiltà ancora sconosciute e grazie al quale fonderò una nuova confessione religiosa. Io detto e tu scrivi?”
“Libro? Joseph, ma di quale libro stai parlando?”
“Che domande! Parlo del libro che tengo nascosto dentro il cappello.”
“Ah, e non si potrebbe dare una sbirciata?”
“No.”
“No?”
“Il cappello è mio e ci guardo dentro solo io. E poi ho la forfora.”
“Ah ok. Forza, detta.”

Testo: Martin Hofer
Immagini: Marta Sorte

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