I Tarocchi presentano

LA FORZA E L’ARCANO SENZA NOME


Ai tarocchi si può domandare a patto
che non ci si dimentichi che la domanda conserva in sé tutto il potere della risposta

la forza

ARCANO: MAGGIORE, NUMERO SEDICI.
FILA II: PERSONAGGI DI FANTASIA E SITUAZIONI ALLEGORICHE
SERIE: OSCURA, CONTESTO PROSSIMO AL MONDO ONIRICO
AZIONE: VERSO IL BASSO

NOME: LA FORZA, o anche FANNY

L’animale che da cinque anni abita la mia casa è un coniglio testa di leone, in tutto somigliante, nell’indole e nell’aspetto, al re della savana, lo stesso con cui viene ritratta la donna nella carta de La Forza. Il messaggio di cui è incaricata riguarda il lavoro della coscienza e la sua relazione con l’istinto; tutta la sua energia e la sua capacità passano attraverso il rapporto con l’animale, che lei non sembra combattere ma domare.
Fanny è arrivata sotto Natale. Il primo coniglio che mi è stato messo in braccio era bianco e dolcissimo ma tra me e lui non è scoccato un filo d’empatia. Così ho chiesto di poter vedere anche gli altri. Nel mezzo di una cucciolata silenziosa spiccava la furia di un affare color miele la cui missione era corrompere la pace dei suoi simili. L’ho indicata e l’ho portata con me prima ancora di accorgermi che fossimo colorate allo stesso modo: pelo biondiccio e occhi marroni.
Cinque anni dopo la mia casa risulta violentata dalle scrostature sui muri, dall’affondo degli incisivi su ogni minimo ornamento in legno, dai buchi nella tappezzeria del divano, eventualità che farebbero rabbrividire chiunque abbia un minimo d’amor proprio. Dicono: non è mansueta, non risponde ai comandi, è forastica e umorale. Esattamente. Casa mia però, profuma di fieno e un appartamento al quarto piano di una città qualsiasi di solito olezza di vaniglia chimica o di Lisoform pavimenti.
Tutte le notti mi addormento col rumore di un finocchio sgranocchiato o di una carota o di un gambo di sedano che fa un suono diverso rispetto a quello che fanno le foglie che con un movimento ruminante spariscono sotto i suoi baffi e io so distinguere la morte di un vegetale. Mi sveglio e mi chino per terra, per farmi leccare le dite. Non soffro di solitudine neanche in bagno.
Non ho preso Fanny con me perché imparasse a saltare la corda, non l’ho presa purchè non rovinasse gli oggetti, non l’ho presa a patto che eseguisse dei comandi, che fosse buona e remissiva. Ho puntato al coniglio più dispettoso, al più incaponito, a quello che forse mi somigliava più tra gli altri. E come La Forza non teme le fauci della bestia metaforicamente traslando le fauci stesse nella sua parte più oscura, così io imparo che la natura ha i contorni di un cartone animato.

L'arcano senza nome

 

ARCANO: MAGGIORE, NUMERO SEDICI.
FILA II: PERSONAGGI DI FANTASIA E SITUAZIONI ALLEGORICHE
SERIE: OSCURA, CONTESTO PROSSIMO AL MONDO ONIRICO
AZIONE: VERSO IL BASSO

NOME: L’ARCANO SENZA NOME, o anche IL TRASLOCO

È uno scheletro: la vista non v’inganna ma la tradizione potrebbe. Questa è la carta dell’Arcano senza nome e infatti un nome non ce l’ha, ha solo un numero.
Se l’idea della morte vi è gentilmente offerta dall’immagine in sovraimpressione non c’è che dire, dovrete cominciare a indagare da lì, dalla vostra idea di lutto, di scomparsa, di termine assoluto; se invece lo scheletro vi risulta tuttavia simpatico, le aree di ricerca sono da circoscrivere a un’aratura, una purificazione, un lavoro di pulizia radicale.
È la carta della rivoluzione e del rinnovamento, dei cambi di rotta e delle cesoiate.
A saperlo prima, cosa fosse un trasloco, avrei pregato in ginocchio sui grani di pepe misto col fazzoletto in testa L’Arcano senza nome ripetendo una cosa come dammi la forza.
Eppure sembrava una sciocchezza: traslocare una stanza in una casa intera, piccola ma pur sempre intera. Non avevo considerato il numero 2 delle mie braccia e il portabagagli di una povera Smart.
Il primo Settembre del 2015 ho messo in tavola una rosetta, un uovo, due fette di tacchino e una brocca d’acqua. Ho fatto una foto e ho pensato che la prima cena nella casa nuova non si scorda mai. Subito dopo le zampe dello sgabello di legno su cui sedevo hanno ceduto e sono finita per terra. Benvenuta Maria Rita, nella tua nuova casa.

Testo: Maria Rita Di Bari
Immagini: Vincenzo Ventura

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