Strip Advisor presenta:
ISTANBUL

Mettete che un giorno vi svegliate storti, con la schiena indolenzita e vari acciacchi della terza età violentemente precoci.
Quel giorno andrete a fare colazione in cucina, vi preparerete un caffè acquoso, e l’unico yogurt rimasto avrà preso vita propria. Vi accorgerete che i vestiti sono tutti sgualciti, che il riscaldamento vi ha dato il due di picche e che il vostro amato pc prende male la linea.Probabilmente in quella precisa mattina sentirete un bisogno esasperante di fuga. Allora andrete alla finestra maledicendo le tasse e il governo, lo sguardo incantato verso l’orizzonte, e vi accorgerete della grande moschea che vi si para davanti. Una moschea, con gente che canta in coro e gabbiani che volteggiano trasportati dal vento freddo sullo sfondo del porto.
Così ricorderete di non essere nel vostro appartamento ma parte di quell’ingranaggio così particolare e meraviglioso che è Istanbul. Perché, se pensate che Istanbul sia una tappa semplice, allora vi sbagliate. Un bagaglio leggero e una buona dose d’inglese maccheronico saranno i vostri migliori compagni di viaggio.
Spendere soldi per un taxi dall’aeroporto lo troverete doveroso, ma rimpiangerete quella mezz’ora di strada a base di parolacce e insulti da parte del tassista verso qualche innocente passante. Al rifugio l’atmosfera è tranquilla, un documentario sui camaleonti e un direttore connesso a Facebook vi daranno il benvenuto e lascerete i pochi bagagli per incamminarvi tra salite, discese e curiosità.

Se capiterete in città nei paraggi di marzo, il freddo e la pioggia saranno compresi nel pacchetto.
Così i chioschi di spremute di melograno fatte sul momento e qualche violinista alle porte dei ristoranti. Sappiate però che tutte le strade portano prima o poi alla Istiklal Caddesi, la via principale con predicatori, negozi costosi e vecchi senza età seduti in piccole seggiole ai bordi dei marciapiedi a fumare tabacco turco. Piazza Taksim sarà una delle visioni più colorite della vostra giornata e non mancherà qualche lustratore di scarpe ad attaccarvi la pezza.
La Moschea Blu sarebbe l’incarnazione di una favola Disney, se non fosse per il forte aroma di piedi che aleggia al suo interno. Camminando noterete fin da subito di essere un piccolo pezzo di puzzle travolto dalle profonde differenze culturali ed etniche del luogo: musulmani, ebrei e cristiani si intrecciano un passo dopo l’altro nelle interminabili passeggiate sfiorandosi per un po’ e tornando di corsa ai loro rispettivi quartieri.

Non è facile entrare nel quartiere Islamico conservatore di Çarşamba, ma con l’amicizia di Kadir, un simpatico omone del posto, potreste godere di questo privilegio. Çarşamba è una parata di burka e occhiate strane.
Trovare due giovani ragazzi in un vicolo a ballare e baciarsi di nascosto non potrà che strapparvi un sorriso. Desidererete compagnia in questi momenti. Sempre meglio non giocare troppo a dadi con il caso in una città in apparenza forte, ma che nasconde stanchezza e fragilità.
Le rovine romane nel distretto bizantino di Fatih offrono un giaciglio per i senzatetto e un ottimo punto strategico per i carretti dei venditori di tabacco take away.
Qualche chilometro più tardi vi addentrerete nel quartiere povero di Balat, in origine dimora della comunità ebraica prima che questa si trasferisse nelle zone più ricche della città, lasciando l’area ad un lento collasso. Il fascino della decadenza vi tratterrà a lungo davanti alle porte delle abitazioni, con nomi e richieste incise nel legno. Senza accorgervene sarete arrivati molto in alto e la vista del Bosforo e del Corno d’Oro (Halic) vi concederà qualche minuto di riposo e riflessione.

I canti delle preghiere “Salat” più disparate e stonate culleranno i vostri pensieri con un tocco di dolce malinconia. Non potrete dire di essere stati a Istanbul se prima non vi sarete goduti un buon caffè turco, quello con il fondo spesso e aromatizzato.
Con il bricco e la tazza i camerieri immusoniti vi daranno anche una sfilza di dolcetti diabetici tipici del posto. Più grassi e rilassati continuerete il vostro cammino, perdendovi ancora e ancora e ancora.
Non dimenticatevi la Istanbul city plan, per quanto spesso possa rivelarsi inutile potrebbe comunque salvarvi la giornata. Lo stesso vale per la IstanbulKart per quei trasporti pubblici che non troverete, o che comunque perderete molto poco dignitosamente. Istanbul è uno zigzagare labirintico di vicoli, alcuni non proprio rassicuranti.
Ma vedrete che il rischio di dormire un’intera notte per strada vi porterà ad apprendere l’arte dell’orientamento per il giorno successivo. Nell’emisfero asiatico non circola alcol, a mala pena il tabacco. Al contrario è pieno di gatti obesi e pigri (e nessun cane). Il Kebab autentico, servito su un piatto con tutti gli ingredienti separati, lo troverete in quantità industriali che manco la pasta asciutta in Italia. E vi convincerà d’ora in avanti a stare lontani almeno 300 metri da quello “spacciato” nel nostro Stivale.

Se volete fare del turismo una capatina al Gran Bazar è d’obbligo, e fidatevi che in un quarto d’ora farete più conoscenze lì che in tutto il resto della vostra esistenza.
Verrete invitati all’interno dei negozi al grido “Spaghetti!” e costretti ad una serie di aneddoti (alcuni pure fin troppo intimi) sulla vita dei proprietari. Vi perderete pure lì e scoprirete diverse piazzole, fatte di umidità e scarpe lasciate al timido sole del pomeriggio. Il Bazar delle spezie invece è un luogo di pace. Un lunghissimo corridoio vi condurrà da un estremo all’altro. Uscirete accecati dalla moltitudine di piccole piramidi di spezie variopinte e con in mano un sacchetto di Anice Stellato. Gli ultimi giorni saranno i più caldi, giusto perché ve ne state per andare. Salendo sul taxi per il ritorno, vi accorgerete per la prima e autentica volta che Istanbul vi mancherà davvero. Vi mancherà lo scorrere delle giornate all’insegna del vagabondaggio intrepido. Di tutto quel concentrato di lingue e credo capace di farvi sentire fuori luogo in ogni situazione. Del senso di protezione dato dalla sua anima antica. Vi resterà il disagio di non essere riusciti a vedere un narghilè da locale, ma uno che sia uno. Ma niente paura, prossimo giro: emisfero europeo. E lì sarà tutta un’altra storia. Arrivederci Istanbul!

Testo: Brian Freschi
Immagine: Bernardo Anichini

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