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BARBADOS 

Barbados è un’isola ben poco conosciuta, tant’è che capita spesso di sentir dire “le Barbados” (confusa probabilmente con le Bahamas, le Bermuda, le Baleari e ogni altro arcipelago che comincia con la B).
La piccola differenza è che Barbados non è un arcipelago ma una singola isoletta, leggermente solitaria rispetto al resto delle Piccole Antille, quasi sperduta al confine tra il mar dei Caraibi e l’Oceano Atlantico. Potrà sembrare una precisazione puntigliosa, ma quando sento “le Barbados” provo lo stesso fastidio che avvertirei di fronte a uno che mi dice “le Sardegna”.

Comunque, essendo poco conosciuta e ancor meno frequentata da noi italiani, non vedo l’utilità di menzionare il pittoresco centro della capitale, Bridgetown, in cui poche vie distanziano sfilze di gioiellerie tax free dalle bancarelle che circondano la stazione degli autobus. Non ho nessuna intenzione di parlare della cultura e della storia bajan. Né mi verrebbe in mente di consigliare una visita alla plantationdella Mount Gay (uno dei rhum più antichi al mondo) o di perdere il proprio tempo in spiagge paradisiache come Crane Beach e Foul Beach. Dovrei forse descrivere gli strani scogli arrotondati e la spiaggia modello “prato all’inglese” di Batsheeba? Allora perché non suggerirvi di chiedere a un benzinaio scrupoloso come raggiungere il leone di pietra con la palla rossa, scolpito a Gun Hill dal capitano Henry Wilkinson con la collaborazione di altri militari inglesi dislocati sull’isola, forse incaricati della speciale missione di sollazzarsi al sole dei tropici.

Piuttosto, penso sia meglio descrivere qualche elemento caratteristico di Barbados, in modo da stimolare eventuali viaggiatori nostrani. E allora occupiamoci della fauna, tanto si sa che gli animali esotici fanno sempre presa. Qual è l’animale simbolo di Barbados? È il pesce volante, flying fish per gli isolani.

Pesce di media grandezza dalla forma affusolata, il pesce volante è munito di pinne simili ad ali che gli permettono di spiccare il volo fuori dalla superficie dell’acqua con balzi degni di Douglas Fairbanks.
Il flying fish vi accoglie nell’isola fin dal vostro arrivo all’aeroporto Grantley Adams. Giganti riproduzioni pendono dal soffitto come quei sonagli attaccati sopra i lettini dei neonati. Da lì in poi, i pesci volanti vi accompagneranno ovunque, onnipresenti anche dal punto di vista urbanistico: li vedrete su insegne e cartelli vari, edifici e pavimentazioni (molto carini, per esempio, quelli aggrovigliati a mosaico sopra i marciapiedi della via principale di St. Lawrence Gap), nonché, ovviamente, in ogni negozio di souvenir. Anziché acquistare un posacenere a forma di flying fish, però, vi consiglierei di conservare meglio dentro di voi un bel ricordo di questo buffo pesciolino, saltato in padella con un filo d’olio. Asciutto e leggero, può essere fatto anche al sugo, ma credo che assaporarlo con poco condimento sia il modo migliore per apprezzare a pieno il suo gusto prelibato.

Per procurarsi un bel plateau di pesci volanti esiste un luogo migliore di qualsiasi altro: il mercato del pesce di Oistins, un paesino della costa sud di Barbados. Non aspettatevi il mercato coperto di Porta Palazzo. In uno spiazzo tra la via principale del paese e il mare, una grossa tettoia spiovente copre una serie di banchi quadrati (simili a dei ring) continuamente riforniti di pesce fresco: laggiù pescano tutta la giornata e il mercato resta aperto fino alle otto di sera. Oltre al flying fish, si può trovare un po’ di tutto, soprattutto i predatori naturali del povero pesce volante: dai marlin ai tonni, dal pesce spada al dolphin (che non è il delfino ma la nostra lampuga). Qualità e freschezza sono fuori dubbio, prezzi che definire economici non è abbastanza e anche l’igiene è migliore di quanto ci si potrebbe aspettare da un’isola caraibica (quasi tutti i banchi sono piastrellati, il che permette ai pescivendoli di tenerli abbastanza puliti). Per scegliere il pesce, si sa, occorre un po’ d’esperienza, ma potrete affidarvi ai consigli di qualcuno (sempre meglio un cliente di un venditore).
Potreste anche incontrare casualmente uno dei pochi italiani presenti sull’isola, il quale vi guarderà con aria seria e grave per dirvi: “fate attenzione al pesce che non ha gli occhi!”. Anche se non avete nessuna intenzione di friggere qualche pesce volante, il mercato di Oistins merita comunque una visita il venerdì sera per la Festa del Pesce. In occasione della festa, il mercato si riempie di bancarelle e chioschi in cui i bajan grigliano e friggono senza tregua. Perché non provare allora il pesce volante fritto infilato dentro a un bel panino? Con il panino in una mano e una birra nell’altra (qui la Banks va per la maggiore), cercherete di mimetizzarvi in mezzo al via vai di gente varia e bizzarra di tutte le età.
Il caos regna sovrano, ma i bajan in genere sono persone piuttosto socievoli, quasi mai moleste. C’è un grosso palco su cui si esibiscono dj e musicisti, circondati da numerosi ballerini improvvisati. Il volume della musica è decisamente alto e non si danza solo sul palco, ma ovunque ci sia un centimetro libero, tutt’intorno, fuori e dentro le bancarelle. Si beve e si balla fino al mattino. Quest’atmosfera di caciara non può che essere condita dall’aroma di pesce, fritto o grigliato che sia, che si spande nell’aria e vi raggiunge in ogni momento della festa per stuzzicarvi e convincervi a prendere un altro panino. In ogni modo, è un’esperienza che potrebbe rivelarsi molto curiosa e divertente, specie se eviterete di portarvi dietro una giovane coppietta di San Pietroburgo, fidanzatini appena arrivati sull’isola dalla Giamaica e tanto traumatizzati dall’ostilità antiwhite man dei giamaicani da aver paura di rivolgere la parola alla gente del posto, anche solo per chiedergli da accendere.

Non vi siete divertiti abbastanza alla festa del mercato di Oistins? Provate a rifarvi andando in qualche locale notturno dove si pratica un’altra specialità bajan degna di essere conosciuta: il whining. Si tratta di una danza tipica della cultura caraibica, da eseguire preferibilmente in coppia. Per la donna consiste nel movimento frenetico del sedere, che viene fatto ruotare e vibrare come se fosse la coda di un serpente a sonagli. Dopo aver assistito a una specie di contest, mi sono fatto l’idea che l’apice della bravura di una ballerina di whining stia nel chinarsi in avanti tenendo il sedere puntato verso l’alto, continuando a muoverlo instancabilmente senza mai perdere l’equilibrio. Molto più scenografico, invece, il ruolo maschile: lui si mette alle spalle di lei e le pungola le natiche con un’ondulazione pelvica ritmata. Parecchi uomini, peraltro, si danno un tono tenendo a portata un asciugamano da passarsi sulla fronte per sottolineare la fatica del gesto. Non fate l’errore di giudicarla una danza lasciva o volgare. Il whining fa parte delle loro tradizioni e i bajan ci tengono molto, quasi quanto al flying fish.

Testo: Fabrizio di Fiore
Immagini: Bernardo Anichini

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