programma fedeltà

Silvia arriva a Milano da Brindisi con un diretto di ore percepite quindici. Il ricordo del volo non è esattamente una memoria, ma più un dato acquisito, un manufatto alieno depositato nel suo ippocampo, così come gli altri avvenimenti recenti, una bava a nastro che si dipana dal retro della sua coscienza gasteropode e a cui le sembra potrebbe guardare voltandosi. Se solo volesse prestarsi allo sforzo, vedrebbe luccicare nel giorno prima la musica impallata dell’aeroporto, e più lontano il lavoro, i bambini, il marito, tutto sta alle sue spalle, e il mondo comincia oggi, nell’eccitazione immotivata che si gonfia in gola in una bolla all’idea del raduno. Il raduno non è solo un raduno, ma l’incontro affollato che segue l’appuntamento, la conseguenza che si innesca in un grande senso di festa.

I partecipanti hanno tutti risposto allo stesso invito, l’annuncio è stato pubblicato dal Community Manager del forum online. La discussione si è subito fatta calda, certificata dalla riproduzione di una fiammella d’ordinanza accanto al titolo – “Meeting annuale Programma Fedeltà”. Gli iscritti al Programma Fedeltà della catena alberghiera Vesper, colosso di strutture ricettive con franchising in tutto il mondo, si sono riuniti, come da istruzioni, nella sede Vesper di Milano, in una notte con il cielo da neve più basso che Silvia abbia mai visto. Silvia, iscritta al Programma Fedeltà dal 2008, l’anno del suo matrimonio, si sente calda allo stesso modo, come se qualcuno le avesse acceso il fuoco sopra la testa. È arrivata in città nel pomeriggio, e pure quel pomeriggio è una traccia viscosa, perché il mondo comincia sempre nella camera singola di fascia business che la compagnia ha offerto ai partecipanti – no minori, no accompagnatori, no animali domestici, servizio open bar gratuito – e a Silvia pare proprio di iniziare, di essere rigenerata nel momento in cui si serve il whisky nella sua stanza, di fronte allo specchio quando allarga lo spacco del vestito, e quando sente montare nello stomaco un solletico alcolico da preadolescente in libera uscita, come se la vita di prima, qualunque sia stata la vita di prima, fosse un pensiero pensato da qualcun altro seduto nel suo cervello. Su queste irrisolte ambigue mediazioni stende il rossetto, poi si trascina nel locale ristorante riservato all’evento, alle ore diciannove, dove si consumano le presentazioni ufficiali.
Uomini vestiti da turisti americani in vacanza in riviera romagnola e donne travestite da serata di gala su navi da crociera, le targhette d’argento dei loro nickname ancorate ai colli delle camicie hawaiane o affacciate su scollature riarse dall’abbronzatura artificiale.
La avvicina Berserk_66, che nel mondo vero si chiama Flavio, continua a ripetere: “Ma che eleganza – poi allunga il muso sul suo seno, legge dalla targa – mi è sempre piaciuto il tuo nickname!”
Ci sono anche YodaDB, fragol1na11, _RaMIngO_, così diversi da come Silvia decide di averli immaginati: per quello che ora le pare un tempo lunghissimo si sono solo guardati e scritti con i codici degli avatar, gialle riproduzioni stilizzate antropomorfe e citazioni di eccellenti pensatori nelle firme. Ora che si trovano a tre dimensioni nella stessa stanza l’illusione di familiarità crolla, si guardano intorno come liceali bloccati al primo appuntamento, e sempre dall’adolescenza arriva l’eco delle sporadiche risate, degli ordini dei drink. Tutto ciò che li accomuna è la partecipazione a una campagna di fidelizzazione del consumatore.
All’arrivo del Community Manager il volume delle conversazioni si abbassa, lui si distingue: è l’unico a indossare giacca e cravatta, porta appuntata al rever una spilla dorata che è anche il suo avatar, Vesper, corsivo, spesso, il logo della catena alberghiera ammicca a ogni passo che macina nel lounge, lo segue un tirapiedi stonato carico di cartelline in pvc. Entrati loro le porte a specchi del privé scorrono orizzontali e si sigillano.

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“Signori, benvenuti al Meeting annuale del Programma Fedeltà riservato ai clienti Vesper.”
Quest’anno è in palio un premio speciale, ripete il Community Manager, con loro schierati intorno, e d’improvviso Silvia capisce bene perché si trova lì e non in un altro posto, e cioè per vincere il premio, per essere estratta dall’urna dove stanno piegati a metà cinquanta biglietti con stampati sopra i cognomi degli invitati e i loro punti fedeltà accumulati in anni di lealtà rigorosa alla catena, di prenotazioni diligenti, di inappuntabile devozione e organizzazione maniacale delle trasferte, di sforzi ripetuti e precisi votati a garantire il pernottamento in questa o quella sede, ovunque sulla terra emersa, sempre tornare a dormire nella stessa stanza, testimoniare con immacolata dedizione l’avvento delle nuove linee grafiche nei menu e nelle confezioni delle amenities da bagno, involucri differenti per saponi e bagnoschiuma, variazioni nella consistenza delle spugne di accappatoi e asciugamani. Tornare, tornare sempre, resistere al fascino di piscine riscaldate più grandi, di collocazioni più vantaggiose, incrementare il numero dei propri punti, essere ricompensati. I fedeli più fedeli stanno riuniti in questa stanza, e Silvia è tra loro, adesso vuole vincere, vincere, vincere: un intero anno di pernottamenti gratuiti in king suite.
“Ma, prima dell’estrazione, un po’ di divertimento! Si balla!”, annuncia il Community Manager, e allora lei vuole ballare, ballare, ballare.
Nel ristorante non è stato ancora servito cibo, l’illuminazione si fa soffusa, sul recinto di tavoli ovali e vuoti disposti lungo le vetrate si allargano fasci di luci viola e rosse, lontane lampade bianche dilatano ombre di gambe sulla moquette, una distesa di alberi blu in cui Silvia si perde e in cui la sorprende il primo terrificante sospetto.

La paura è dissolta nelle braccia di Mystica, un’utente con cui sono solite scambiarsi messaggi privati di reciproca stima. Lei non è cianotica come il suo titolo aspirazionale, ma bianca e molto alta, con un vestito elegante e nero, e la abbraccia.
“Anche tu finalmente qui, che bello incontrarti.”
Silvia la riconosce, anzi, più che riconoscerla la associa al quadrato 100 pixel per 100 pixel, un francobollo, dietilamide di acido lisergico che esplode senza preavviso, materializzando una sconosciuta che danza – “forza, un po’ di divertimento!”, strilla, percorsa dalla corrente scomposta della musica – Silvia obbedisce a suo modo, le sembra sempre così sgarbato resistere, anche se, nel tentativo, non sente più i piedi per terra, ma dentro le tette ceree di Mystica, come gattonare su una bocca pronta a ingoiarla; I will survive, e nella danza appare subito chiaro il passato, e ballare e torcersi su se stessi due volte, quindi guardare indietro, al muco fumante del suo matrimonio, i bambini, le loro testine rotonde a piombo sui rudimenti di geometria, e su quel cerchio perfetto la lista di prenotazioni di camere d’albergo, la stessa camera d’albergo, sempre, Vesper, anche l’ultima volta, l’ultimo incontro, e fuori dalla finestra il cielo basso, curvo di neve.
“Naturalmente – annuncia il Community Manager, microfono alla bocca – naturalmente vi serviremo una degustazione degna del nostro nome, direttamente dalle cucine Vesper di Parigi.”
Accenna una piroetta al centro della pista, e sul fondo del lounge si spalanca una porta. Accorrono cuochi in tenute candide al seguito di un carrello metallico su cui riposa la carcassa di un maiale intero, in un letto di insalate ricce, verdi e marroni. Il maiale finisce la sua corsa al cospetto del Community Manager.
“Questo è un trattamento che riserviamo solo ai nostri clienti davvero fedeli, solo a coloro che non vacillano, che ci scelgono, giorno dopo giorno, viaggio dopo viaggio, un riconoscimento ai membri virtuosi del nostro Programma Fedeltà.”

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È Mystica a dare il via all’applauso, un’ovazione cui Silvia si accoda per ultima, e le pare che il Community Manager stia guardando proprio lei, diritto verso di lei, quando afferra il fiammifero acceso che gli porge il sous-chef, e anche dopo che il maiale va a fuoco, e una fiamma spettacolare si innalza fino al soffitto, un soffitto che solo adesso Silvia è capace di capire, un tetto a specchi in cui tutti gli invitati stanno ancora ballando, su cui si propaga la vampata, ancora il Community Manager misura proprio lei, fuori e dentro il riflesso. Così Silvia è d’un tratto attraversata dai dubbi, dalla colpa, in questo stato di mangiare non se ne parla, e poi in quel modo, tutti accalcati a elemosinare una fetta di carne; cerca i servizi, che non sono più dove era certa di averli visti, ma vicino all’ingresso delle cucine, accanto ai garzoni che sfilano sorridendole sotto la loro touche blanche, tutti diversi, tutti uguali, in un’emorragia incontrollabile, in un esercito di tartine; la invade l’angoscia, cerca di lavarsela via dalle mani, ma Mystica la sorprende, al terzo lavaggio irrompe nel bagno.
“Ma che faccino hai, perché non sei di là a divertirti insieme a tutti noi?”, dice.
Le accarezza la testa, e Silvia cerca di ricordare ciò che sa di lei, potrebbe sbagliarsi, ma le pare che anche Mystica abbia un marito e due figli, che sia per questo che si sono fatte subito simpatia, virtualmente, perché entrambe viaggiano molto per lavoro. Silvia pensa che a Mystica potrebbe dirlo, di questo presentimento retroattivo che la divora, di essere arrivata a questo giorno costruendo con zelo un percorso preciso, di essere riuscita, non sa come, a ingraziarsi l’amministrazione, a guadagnarsi questo invito con un autentico, notevole merito. Mystica le sorride, e Silvia ha paura della sua fedeltà, del non avere dormito in altri letti, di non avere bevuto Chivas sottraendolo ad altri frigobar, e che le sia piaciuto, e che quindi lei abbia continuato a perseverare in un’ineludibile fedeltà, di questo ha paura, di non avere tradito e di avere detto la verità, e ancora, fino a quando non era stato più possibile sottrarsi, fino a che un giorno aveva nevicato fuori dalla stanza del suo albergo.
“Non fare così, va tutto bene, siamo tutti amici, siamo tutti iscritti al Programma Fedeltà, te lo ricordi?”, dice Mystica, abbracciandola da dietro.
Ora che sono entrambe nello specchio, Silvia si guarda, Silvia guarda tutte e due e trova entrambe così alte e con tette ceree, con vestiti neri e spacchi, e con mariti e figli lontani.
“Sono stata fedele”, sussurra Silvia alle loro copie.
Mystica sorride: “ma lo so, lo so – sbuffa sbrigativa – ora dobbiamo tornare alla festa.” La trascina fuori, prima che tornino al centro della pista il passaggio obbligato le costringe vicine alla finestra, e Mystica rallenta: “ho voglia di Chivas”.
Così Silvia ha tutto il tempo di ricordare davvero, come si deve, quel cielo basso da neve.
“Sono davvero fortunata, se ci pensi – dice Mystica, aprendo un po’ lo spacco – ammazzarsi per sbaglio è stata una cosa davvero stupida, un’interazione tra farmaci e alcol, voglio dire, chi l’avrebbe mai immaginato. L’unico vantaggio, almeno stando a quel che si dice, è che, in confronto ad altri, questo è un inferno davvero poco affollato. A proposito: qui ci finiscono solo quelli che sono riusciti a fare lo stesso in una camera d’albergo Vesper: a te come è successo?”

Testo Claudia Petrucci
Illustrazioni Rozzella

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