Alberto era già sveglio ma non aprì gli occhi. Sentiva Elisa camminare dalla camera alla cucina, aprire prima un cassetto, poi un altro. Udì la zip del bagaglio chiudersi.
“Che ore sono?”, chiese Alberto.
“Le otto meno dieci.”
Elisa si sedette sul letto di fianco a lui.
“Ce la faccio da sola – disse accarezzandogli la fronte – Resta pure a dormire”.
“Almeno fino alla fermata del tram ti accompagno.”
Elisa si chinò per baciarlo.
“Davvero – gli disse – Sei stanco. Dormi tranquillo”.
“Sono sveglio – rispose lui – Adesso mi alzo e faccio il caffè. Abbiamo mezz’ora prima del tram”.
Alberto si tirò su. Indossò rapidamente i vestiti del giorno prima, gettati sulla sedia vicino al letto, e andò in cucina. Il cielo fuori dalla finestra era coperto e scuro, la valigia di Elisa aspettava in mezzo alla stanza.
“Hai preso tutto?”, chiese lui, caricando la caffettiera.
“Stavo dimenticando lo spazzolino”, rispose la ragazza dal bagno.
Alberto si incantò sul fuoco acceso, mentre Elisa riapriva la zip e la chiudeva.
“Passaporto? – disse lui – Biglietto? Caricabatterie?”
“Ho tutto”, rispose lei sorridendo.
“Bene.”

Il caffè uscì. Alberto lo versò in due tazze e ne porse una a Elisa. Bevvero in silenzio. Lui non riusciva a smettere di fissare la valigia.
“Certo che due settimane passano in fretta”, disse Alberto.
“Dai, non fare quella faccia adesso”, disse lei.
“Quale faccia?”
“Fra un mese torno per le vacanze di Natale. Poi, se proprio ti manco, basta che prendi un biglietto per Barcellona. Mi trovi lì.”
“Lo so.”
Alberto accese una sigaretta.
“Però sono state due belle settimane”, disse infine.

“Sì – rispose Elisa, gettando uno sguardo verso il bagaglio – Sono state due belle settimane. Quando Alberto finì di fumare, si mise addosso la giacca. Elisa fece lo stesso. Lui prese la valigia e la portò fuori, quindi chiuse la porta del proprio appartamento.

In strada non parlarono. L’aria era fredda e umida. Alberto iniziò a trascinare il bagaglio verso la fermata del tram, due isolati più avanti, mentre Elisa camminava al suo fianco”.
“Allora prendo il 4 e mi porta fino in stazione”, disse lei, quando furono in vista della banchina.
Alberto annuì. Il bagaglio gli tirava il braccio e lui guardava la fermata pensando che lì avrebbe salutato Elisa. Il limite del loro mondo insieme stava su quell’isola di cemento a ridosso dei binari: la misera copia di un gate o di una stazione. Il 4 che prendeva ogni giorno per andare a lavoro gli sembrò adesso estraneo, quasi fosse già terreno spagnolo.
“Eccolo”, disse Elisa, indicando la fine della via.
Iniziarono a correre. Alberto ansimava, con le gambe doloranti e la valigia che pesava sempre più. Davanti a lui, i capelli biondi di Elisa si agitavano nel vento.
Arrivarono alla banchina quando le porte della vettura erano già aperte. Elisa salì al volo e Alberto le passò il bagaglio, quindi le porte si richiusero. Tutto accadde rapidamente. Non ebbero nemmeno il tempo di darsi un bacio.
Salutandola attraverso il vetro, Alberto ebbe come l’impressione che non avrebbe più rivisto Elisa. Anche lei distolse lo sguardo. Forse avevano corso verso la fermata per non dirsi addio.

Testo: Matteo di Pascale
Immagine: Bernardo Anichini
 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *